23-03-2015_Emilio Alessandro Manzotti_romanzo Freccia_italiano

Qualche tempo fa mi è capitato di leggere un articolo molto interessante pubblicato da Mirella Serri su La Stampa del 23 febbraio dal titolo “Fatta l’Italia era già fatto l’italiano”, che ho tenuto nel cassetto in attesa di avere il tempo per commentarlo. La Serri fa riferimento al libro “Prima lezione di storia della lingua italiana” del linguista Luca Serianni che sfata alcune convinzioni sulla nostra lingua e spiega che, nonostante lo sviluppo dell’italiano abbia avuto luogo soprattutto nel ‘900, già da molto tempo prima esso era parlato in tutta la penisola.
Non si trattava certo dell’italiano dotto degli eruditi, ma piuttosto di una lingua un po’ zoppicante e approssimativa con la quale però si riuscivano ad abbattere le barriere territoriali e a comunicare con chiunque.
Siamo abituati a pensare che fino all’Unità d’Italia e anche in seguito, l’italiano fosse usato solo in contesti accademici, amministrativi o giuridici e che il resto della popolazione parlasse prevalentemente il dialetto. E in parte è accaduto così, ma se in famiglia e nella quotidianità ciascuno usava il proprio dialetto, tutti – o quasi – sapevano spiegarsi in italiano, chi meglio chi peggio, e lo utilizzavano per comunicare nelle occasioni ufficiali oppure quando avevano a che fare con persone che provenivano da altre zone.
Tanto più che per secoli l’italiano è stata la lingua “internazionale” dell’area mediterranea, parlata da commercianti, diplomatici, lavoranti stagionali e dagli studenti stranieri che venivano a studiare nelle nostre università.
Mi sembra assai bello e significativo il fatto che molto prima di diventare una nazione, gli italiani fossero legati da una identità linguistica, secondo me uno dei legami culturali più importanti. E che allo stesso tempo i vari dialetti si siano evoluti assorbendo caratteristiche di altre lingue, quelle dei popoli stranieri che a lungo hanno governato nel nostro paese.
Il numero di persone che oggi ha accantonato completamente il dialetto a favore dell’italiano anche nei contesti familiari e informali è elevatissimo: c’è chi lo vede come un dato decisamente positivo perché denota un miglioramento generale del livello culturale nella nostra nazione, e chi se ne rammarica perché si rischia l’estinzione dei dialetti e del grande bagaglio storico e culturale che racchiudono. Infine c’è chi si lamenta perché l’italiano di oggi è meno “puro” che in passato, contaminato da tante forme dialettali che sono state “italianizzate”.
Proprio queste “contaminazioni” hanno dato alla nostra lingua attuale i colori e le sfumature che oggi permettono a noi che scriviamo di “giocare” con le innumerevoli variazioni di significati e i numerosi sinonimi di cui dispone il nostro vocabolario. Tanto da fare dell’italiano la terza lingua occidentale per numero di vocaboli.
In questo sta la ricchezza e la vitalità di una lingua: la sua capacità di evolvere e mutare continuamente.